domenica 27 maggio 2012

L'Anima di Sara: Prologo (primo capitolo di un esperimento work in progress a puntate)

Cagliari, 16 Luglio 2011
Erano le 7,30 del mattino e l'aria era già cosi carica di umidità da non fare presagire nulla di buono per la giornata.
Era esattamente un mese che quella cappa di caldo non abbandonava la città, pensò Sara, il che rendeva alquanto complicata qualsiasi scelta sull'abbigliamento per quel giorno che doveva essere cosi speciale per la sua famiglia.
Lo squillo improvviso del telefono la fece sussultare, intenta come era  a pensare a cosa indossare per l'occasione.
Sorrise.
"Pronto?"
"Sara, ciao sono mamma, volevo dirti che passiamo da casa tua prima di andare in Chiesa, tuo padre vorrebbe vedere come ti sei sistemata e cosi ci cambiamo direttamente da te. Con questo caldo altrimenti arriveremo già sudati"
Mio padre cosa? lo stesso uomo che dopo la separazione a malapena le rivolgeva la parola? lo stesso padre che trovava ogni scusa per ricordarle quale errore madornale avesse fatto, decidendo di riprendersi la libertà a scapito di un matrimonio "socialmente senza difetti"?
Si, proprio lui, e sembrava intenzionato a deporre l'ascia di guerra, o forse, pensò, sarebbe stato l'ennesimo pretesto per ricordarle di come era caduta in basso, e di quanto squallido fosse quel minuscolo bilocale in affitto nel cuore della Marina.
Sorrise di nuovo, in fondo non le importava poi tanto.
"Si va bene, tanto sono a casa, vi aspetto, a dopo".
Suo padre, la sua famiglia, i suoi fratelli, le sue zie e i cugini. Per la prima volta andava ad una ricorrenza cosi importante da sola. Pensò che avrebbe dovuto fare finta di non vedere gli sguardi compassionevoli dei fratelli, lo sguardo sconsolato della madre e quello giudicatore del padre. Avrebbe dovuto glissare gentilmente le insistenti domande delle zie e le pacche sulle spalle di (forse) incoraggiamento dei cugini.
Finalmente però per la prima volta dopo cinque anni non avrebbe dovuto fingere niente altro e questo la rasserenò. 
Era la prima volta che "rientrava" in famiglia dopo la separazione e tutto ciò le creava notevole ansia.
Passerà anche oggi pensò, devi solo sorridere, sorridere e sorridere!
"Tesoro mio, ma chi era al telefono?" gridò una voce roca dal cuore della camera da letto.
"Mamma, ha detto che passa prima di andare al battesimo di Matilde, non penso tarderanno ad arrivare, amore mio credo tu debba andare purtroppo" gli sussurrò accarezzandogli dolcemente la testa e tenendogli il volto tra le mani come faceva sempre dopo la notte passata assieme.
Era il suo Federico pensò.
"sei di  turno stanotte?" le disse lui mentre a fatica cercava di alzarsi da quel lento risveglio. Si stiracchiò e lentamente a tentoni cercò la strada verso il bagno
"si dalle dieci" rispose lei mentre lo seguiva in bagno per iniziare quella lunghissima giornata.
"e sai che ti dico, non vedo l'ora che siano le dieci di sera, cosi che tutto sia finito" gli rispose guardandolo dallo specchio mentre era intento ad insaponarsi .
Senza neanche accorgersene, Sara si trovò a fissarne il  corpo e a seguirne le mani, intente a ripulirsi dal sapone.
Lo trovava cosi eccitante, nonostante i 45 anni. I capelli mossi corti, rossicci ormai brizzolati, il fisico longilineo non tanto alto e quegli occhi nocciola cosi intensi, contornati da tante piccole rughe che ne facevano scoprire l'età invece ben celata  dal corpo statuario di uno sportivo.
E mentre lo osservava ripensò a quando glielo presentarono: "Dott. Spaziani, lei è la capo infermiera Desole" disse con tono autoritario il primario.
 "Il dott. Spaziani è uno stimato neurologo del Gemelli, cerchiamo di non fargli rimpiangere di aver scelto il nostro ospedale, intesi?" concluse le presentazioni strizzandole l'occhio in tono molto confidenziale.
Sara sorrise ancora senza accorgersene.
"Streghetta che hai da sorridere?" le sussurrò nell'orecchio lui, cingendola da dietro e baciandone la spalla nuda.
"Niente, lo sai che amo guardarti" e appoggiò la testa sulle sue mani che stringevano le spalle.
Non dovrebbe esser cosi la domenica mattina, pensò Sara in quello stato di semi estasi.
Saremmo dovuti rimanere sotto le coperte, fare l'amore, parlare e ridere come tutte le altre coppie, ma sapeva bene che entrambi avevano impegni inderogabili e a cui non si potevano addurre ulteriori giustificazioni di orario.
"ci vediamo dopo?" gli  disse lui, mentre le dava un ultimo bacio sulle labbra.
"si" rispose lei anche se ben sapeva che il vedersi più tardi non avrebbe implicato niente altro che una lunga agonia per il non poter stare assieme.
"sei il mio tesoro, ti amo" disse lui.
 Sara sorrise, le poggiò la testa sulla spalla e non disse niente indicandogli l'uscio, e mentre Federico apriva la porta di ingresso lei abbassò la mano e gli diede una sonora pacca sul sedere.
Era il loro modo di dirsi arrivederci. 
Era anche per quello che lui diceva di amarla tanto.





1 commento:

  1. Forza Sara, stanno per succedere delle cose terribili, me lo sento.

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